Autore: admin

La birra artigianale toscana è una delle tante eccellenze offerte da una terra ricca di risorse famosa in tutto il mondo per i suoi prodotti agroalimentari e non solo. I birrifici artigianali in Toscana sono più di trenta e ogni anno ne nascono di nuovi. Ognuno di questi ha una missione ben precisa, valorizzare la materia prima regionale di assoluta qualità e invidiata in tutto il mondo. Scegliere la birra artigianale toscana più adatta segue il proprio gusto personale.  Un’attenzione particolare dovrebbe essere rivolta alla tipologia di grano utilizzato. Per riscoprire i veri sapori della Toscana, la scelta dovrebbe ricadere solo su quelle birre prodotte con grano biologico della zona, magari arricchite con miele locale, zafferano o estratti di patate. I più esigenti potrebbero optare per una birra che tra gli ingredienti contiene la castagna. Il frutto richiama l’antica tradizione etrusca, dona alla birra un sapore unico e sfumature tendenti all’ambra. Firenze, Lucca, Pisa, Massa Carrara, Empoli e Arezzo, sono solo alcune delle città della Toscana dove recandovi potete far visita ad uno o più birrifici locali. La birra artigianale toscana è caratterizzata da un colore deciso, proprio come il temperamento degli abitanti, da una schiuma importante e compatta. L’odore della birra artigianale potrebbe guidarvi verso la scelta. Le migliori birre sono realizzate con grano della Val d’Orcia e non sono pastorizzate o filtrate. Ciò mantiene intatto il sapore.

Come scegliere quindi la migliore birra artigianale toscana?

Il nostro consiglio è di provarle tutte e scegliere sulla base del proprio gusto. La sapienza dei mastri birrai toscani e la qualità delle materie prime utilizzate è ampiamente riconosciuta. Leggere l’etichetta può aiutare nel valutare aspetti come la gradazione alcolica. Alcune birre artigianali toscane possono raggiungere i 15° e sono da sconsigliare per chi ama le birre più leggere. Per gli amanti del colore si può scegliere tra birre ambrate o molto scure, generalmente ad un colore più scuro è associata una maggiore gradazione alcolica ma non è sempre così. Altri possono dare importanza all’odore emanato, soprattutto quando si vuole abbinare la birra a formaggi, carni o salumi di stagione. In questo caso sentori di cereali, frutta secca, miele o datteri potrebbero avvolgervi guidandovi verso la scelta migliore. Oppure, se avete la fortuna di recarvi personalmente presso uno dei tanti birrifici artigianali toscani chiedere consiglio al mastro birraio è sicuramente un vantaggio. Egli saprà selezionare la miglior birra sulla base del tuo gusto personale e fornirti utili informazioni e curiosità gelosamente custodite.

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La birra costituisce senza dubbio una delle bevande più amate e consumate al mondo. Si tratta infatti di una bevanda alcolica che viene prodotta in diversi paesi e che presenta caratteristiche differenti a seconda della tipologia. Oggigiorno la produzione di birre artigianali sta superando sensibilmente quella più commerciale dal momento che i consumatori prediligono la qualità piuttosto che la quantità. Tra i paesi più attivi per ciò che concerne la produzione di birra artigianale c'è senz'altro l'Australia.

 

Birra artigianale australiana: tra tradizione e sperimentazione

L'Australia costituisce senza dubbio uno dei paesi che si distinguono maggiormente per la produzione di birra artigianale a livello mondiale. Insieme al Giappone, Nuova Zelanda e Stati Uniti infatti essa detiene il primato per ciò che concerne le sperimentazioni su nuove varietà di luppoli che danno vita ad un tipo di birra senza dubbio particolare ma anche molto apprezzata dai consumatori. La birra australiana però non ha origini molto antiche (anche perché l'Australia è stata colonizzata soltanto a partire dal diciottesimo secolo): uno dei marchi più antichi infatti è nato soltanto verso la fine dell'Ottocento. Si tratta del marchio Coopers che ha dato vita al solo stile brassicolo che oggi viene identificato come autentico in Australia. Tale tipo di birra viene denominata Australian Sparkling Ale ed è molto simile a quella britannica. Le principali differenze si possono riscontrare nel colore e nel sapore dal momento che la birra australiana risulta leggermente più chiara e dal gusto più attenuato. La bevanda quindi può essere bevuta in modo abbastanza veloce e verso la fine lascia in bocca un gradevole senso di asciutto. In origine questa birra veniva realizzata utilizzando luppoli delle varietà americane Cluster e delle varietà inglesi Goldings. Tuttavia intorno agli anni Sessanta del Novecento ci fu un cambiamento radicale che portò alla sostituzione con l'indigeno Pride of Ringwood. Altri nomi che hanno reso famose le birre artigianali australiane sono quelli di Stout e Porter che sono caratterizzate da una gradazione alcolica piuttosto elevata e da un sapore tipicamente americano. Anche le Wild Beers sono delle birre che stanno ottenendo grande successo negli ultimi tempi. Queste ultime sono caratterizzate da diverse gradazioni alcoliche nonché da differenti gusti. Inoltre, grazie un uso più educato durante la fase di luppolatura, si discostano notevolmente dalle birre americane. Tra quelle più consumate al mondo c'è la Fosters che ha un colore abbastanza chiaro e un grado di fermentazione di cinque gradi.

 

 

Come arrivare in Australia: che cosa serve

Uno degli elementi fondamentali per visitare l'Australia per un viaggio turistico oppure di lavoro è il possesso del visto. Ottenere il visto per l'Australia è un processo abbastanza semplice che richiede però il rispetto di alcuni accorgimenti fondamentali. Per prima cosa è opportuno assicurarsi di essere in possesso di tutti i requisiti necessari per poterlo ottenere ovvero un passaporto valido, una casella di posta elettronica, una carta di credito valida, bisogna risiedere al di fuori dell'Australia, non essere malato di tubercolosi e non bisogna aver subito una condanna penale superiore ai dodici mesi.

Un modo molto rapido per ottenere il visto per l'Australia è richiederlo online. Esistono oggigiorno due tipologie che si chiamano ETA e eVisitor. Il primo viene utilizzato quando si devono effettuare brevi soggiorni (per un massimo di tre mesi) mentre il secondo viene usato da coloro che fanno parte della Comunità Europea ed è valido anch'esso per soli tre mesi. Entrambe le tipologie di visto permettono di poter accedere in Australia per motivi di lavoro (come ad esempio colloqui o conferenze), per fare visita a qualche amico o parente, per studiare oppure semplicemente per turismo. Pertanto è opportuno ricordare che con questo visto non è possibile cercare lavoro in Australia né cominciare una propria attività. Per fare ciò infatti sarà opportuno richiedere una procedura diversa. Sia il visto ETA che quello eVisitor permettono di entrare ed uscire dal paese ogni volta che si vuole per dodici mesi, tuttavia il periodo di sosta non dovrà mai superare i tre mesi. La richiesta di visto deve essere presentata almeno settantadue ore prima della partenza in Australia mentre per ottenere il permesso i tempi di attesa sono di circa ventiquattro ore. Naturalmente è sempre consigliabile effettuare queste procedere almeno due settimane prima della partenza in modo tale da non rischiare il verificarsi di spiacevoli imprevisti che potrebbero ritardare l'assegnazione del visto e quindi la partenza.

Le birre artigianali australiane sono senza dubbio molto particolari e innovative, caratterizzate da un gusto che si fa ricordare e che oggigiorno è apprezzato in gran parte del mondo. Sono sempre di più infatti gli appassionati che prediligono la qualità e preferiscono spendere anche cifre più alte per avere il meglio.

 

 

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In Italia i bistrot dove il buon vino e la buona cucina per l’estate s’incontrano felicemente sono davvero tanti! I bistrot all’italiana, infatti, a differenza di quelli francesi, nei quali si può anche solamente bere un caffè o gustare un calice di vino, tendono a offrire un servizio più completo. Nei bistrot del nostro Paese il consumo di vino, infatti, è strettamente legato al cibo. Seguo quindi i consigli del web develop blogger, mio caro amico sommelier, che mi ha raccomandato come comportarsi con il vino durante la stagione estiva. Nel periodo estivo la cucina si fa più leggera e fresca e il vino bianco sorpassa allegramente quello rosso. Durante la bella stagione il “brivido” che può regalare un buon calice di vino bianco o rosato, è sicuramente impagabile! Le giornate estive del resto fanno preferire le bevande fresche, che con la loro temperatura promettono un sollievo al tormento del caldo e perfino l’alimentazione si adatta alle necessità della bella stagione. Sulle tavole dei bistrot, infatti, cominciano ad abbondare piatti a base di verdure, i condimenti si fanno meno impegnativi e i vini rossi, sono sostituiti senza rimorsi da vini più leggeri come i bianchi. Durante la stagione estiva, infatti, c’è un incremento nei consumi dei vini bianchi, soprattutto perché richiedono temperature di servizio più basse, quindi la proposta si fa più allettante. A volte sono serviti fin troppo freddi, con il peccato di perdere le qualità olfattive. La temperatura di servizio non dovrebbe mai scendere al di sotto degli 8-10°C. Un’altra tipologia di vini adatta all’estate è quella dei rosati, spesso giudicati ingiustamente dei vini di minore qualità. Eppure i vini rosati sono particolarmente versatili, e spesso si possono servire alla stessa temperatura di un vino bianco.

I vini rosati e bianchi accompagnano molto bene le pietanze della cucina estiva, all’insegna della freschezza e della leggerezza. La voglia di pasti elaborati, infatti, si smorza vistosamente, soprattutto quando si tratta di cotto e di caldo… la parte del leone spetta alle insalate di pasta e di riso, ai secondi a base di pesce e di carni bianche, ma soprattutto ai cibi crudi o che richiedono cotture veloci, come zucchine e melanzane arrosto, lattughe e tanta buona frutta. L’estate, infatti, è la stagione migliore per applicare la regola delle 5 porzioni giornaliere tra frutta e verdura consigliata dai nutrizionisti! I bistrot inoltre sono avvezzi al web marketing, per questo motivo vi consigliamo di navigare su internet e di trovare tutte informazioni relative al bistrot che vi interessa.

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Ale è il termine usato per indicare le birre ad alta fermentazione, che cioè impiegano nel processo lieviti del ceppo Saccharomyces cerevisiae, i quali prediligono temperature elevate e durante il processo (che risulta, quindi, piuttosto rapido) salgono in superficie del tino di fermentazione; all’opposto, il termine lager indica le birre a bassa fermentazione. Il risultato è un sapore dolce, dal corpo pieno e fruttato. La stragrande maggioranza delle ale contiene erbe o spezie, solitamente luppolo o balsamita, al fine di conferire un aroma amarognolo che bilanci la dolcezza del malto.

Diffusione

Dal Medioevo fino a tutta l’Età moderna le birre ad alta fermentazione sono state le più diffuse nel mondo, autoselezionatesi partendo da processi di fermentazione spontanea, che sono sopravvissuti solo in isolate località, come ad esempio nel Pajottenland. A partire dal XIX secolo invece iniziarono a diffondersi le birre a bassa fermentazione, partendo dalla Baviera e soppiantando via via quasi ovunque gli stili più antichi. Le ale rimasero i tipi di birra più diffusi nelle isole britanniche e in Belgio, in parte in Germania nella produzione delle birre con il frumento, oltre che alcune città particolari come Colonia e Düsseldorf. In questi luoghi, nonostante la parallela diffusione più o meno ampia delle lager, sopravvissero gli stili tradizionali ad alta fermentazione. Verso la fine del XX secolo, con l’apertura dei primi cosiddetti birrifici artigianali, iniziò un processo di riscoperta degli stili ad alta fermentazione, che esplose poi nei primi decenni del nuovo millennio. Questa ondata di “nuove vecchie” birre esplose prima negli Stati Uniti, per poi diffondersi anche in Europa e nel resto del mondo, conquistando anche Paesi che storicamente non avevano mai vantato una tradizione brassicola, riprendendo e innovando gli stili antichi e creandone di nuovi, anche grazie all’avanzamento tecnologico. La fetta di gran lunga più grossa del mercato mondiale della birra nell’Età contemporanea riguarda le lager, anche se il mercato della birra artigianale ha contribuito ad erodere questa egemonia.

Stili di birra ale

  • Bitter
  • Mild ale
  • Brown ale
  • Old ale
  • Barley wine
  • India Pale Ale (o IPA)
  • Stout
  • Porter
  • Bière de Garde
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Birrifici artigianali in provincia di Treviso

BIRRIFICIO ARTIGIANALE 32 VIA DEI BIRRAI

  • Indirizzo: Via Cal Lusent, 41
  • Località: Pederobba
  • CAP: 31040
  • Comune: Pederobba (TV)
  • Tel: 0423-681983
  • Email: toffoli@32viadeibirrai.com
  • Sito Web: www.32viadeibirrai.com

BIRRIFICIO ARTIGIANALE ACELUM

  • Indirizzo: Via Col Muson, 9
  • Località: Castelcucco
  • CAP: 31030
  • Comune: Castelcucco (TV)
  • Tel: 0423-544873
  • Fax: 0423-922147
  • Email: info@birrificioacelum.it
  • Sito Web: www.birrificioacelum.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE BARCHESSA DI VILLA PAOLA

  • Indirizzo: Via Batt. S. Pomini, 3
  • Località: Barcon di Vedelago
  • CAP: 31050
  • Comune: Vedelago (TV)
  • Tel: 0423-772017
  • Cellulare: 348-0349794
  • Fax: 0423-772839
  • Email: info@villapola.com
  • Sito Web: www.villapola.com

BIRRIFICIO ARTIGIANALE BRADIPONGO

  • Indirizzo: Via Pin delle Portelle, 16
  • Località: San Martino di Colle Umberto
  • CAP: 31014
  • Comune: Colle Umberto (TV)
  • Tel: 0438-394992
  • Fax: 0438-394992
  • Email: info@birrificiobradipongo.it
  • Sito Web: www.birrificiobradipongo.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE CASA VECCIA

  • Indirizzo: Via Povegliano, 45/2
  • Località: Camalò
  • CAP: 31050
  • Comune: Treviso (TV)
  • Tel: 0422-872397
  • Cellulare: 335-6931266
  • Fax: 0422-872397
  • Email: birraio@ivanborsato.it
  • Sito Web: www.ivanborsato.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE GALIVM

  • Indirizzo: Via Cavour, 39
  • Località: Vittorio Veneto
  • CAP: 31029
  • Comune: Vittorio Veneto (TV)
  • Tel: 0438-556924
  • Fax: 0438-556924
  • Sito Web: www.galivm.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE HABEMUS

  • Indirizzo: Via Zecchinel, 26
  • Località: Montebelluna
  • CAP: 31044
  • Comune: Montebelluna (TV)
  • Cellulare: 348-8209405
  • Email: afermenti@yahoo.it
  • Sito Web: www.habemus.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE LA GASTALDIA

  • Indirizzo: Via Roma
  • Località: Solighetto
  • CAP: 31053
  • Comune: Pieve di Soligo (TV)
  • Tel: 0438-82081
  • Cellulare: 392-2950031
  • Email: birrificio@lagastaldia.it
  • Sito Web: www.lagastaldia.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE M’ANIS

  • Indirizzo: Via Consolata, 1
  • Località: Montebelluna
  • CAP: 31044
  • Comune: Montebelluna (TV)
  • Tel: 0423-23000

BIRRIFICIO ARTIGIANALE MORGANA

  • Indirizzo: Via Giolitti, 5
  • Località: Morgano
  • CAP: 31050
  • Comune: Morgano (TV)
  • Tel: 0422-739514
  • Cellulare: 335-6179403 335-5943519
  • Email: info@birramorgana.com
  • Sito Web: www.birramorgana.com

BIRRIFICIO ARTIGIANALE SOGNANDOBIRRA

  • Indirizzo: via E.Mattei 9/1
  • CAP: 31046
  • Comune: Oderzo (TV)
  • Tel: 393 40 76 810
  • Email: sognandobirra@gmail.com
  • Sito web: www.sognandobirra.com oppure www.sognandobirra.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE SAN GABRIEL

  • Indirizzo: Via della Vittoria, 2
  • Località: Levada di Ponte di Piave
  • CAP: 31047
  • Comune: Ponte di Piave (TV)
  • Tel: 0422-202188
  • Fax: 0422-0247384
  • Email: info@sangabriel.it
  • Sito Web: www.sangabriel.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE TREVIGIANO

  • Indirizzo: Via dell’Artigianato, 5
  • Località: Vascon di Carbonera
  • CAP: 31050
  • Comune: Carbonera (TV)
  • Tel: 0422-892632
  • Cellulare: 348-2616473 347-5388230
  • Fax: 0422-893668
  • Email: info@birrificiotrevigiano.com
  • Sito Web: www.labieredugrandmonarque.com
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La birra artigianale si differenzia, oggi anche legalmente, da quelle di produzione industriale per non essere pastorizzata. Accompagnato al fatto che molto spesso la birra artigianale solitamente non viene nemmeno filtrata,va prestata particolare attenzione per la sua conservazione, considerando alcuni particolari accorgimenti. Ecco alcuni consigli importanti per poter degustare una birra conservando al massimo le sue qualità:

  1. Lontano dalla luce diretta.

Il contatto diretto con la luce è estremamente dannoso per la birra. Questo è dovuto al fatto che alcune sostanze contenute nel luppolo, una volta disciolte, sono fotosensibili e si degradano nel tempo.Questo porta ad un cambiamento di odore e di sapore, portando il caratteristico aroma di “luce” alla birra. Scegliere quindi un ambiente buio o poco illuminato è la soluzione migliore. Il colore più adatto per la conservazione delle birre in bottiglia di vetro è il marrone, colore che contribuisce a riflettere una maggiore percentuale di luce, proteggendo il contenuto. Meno adatte sono invece le bottiglie di colore verde o bianco. È possibile conservare la birra in bottiglie trasparenti (come alcune note marche) se si vanno ad utilizzare, in fase di produzione, particolari estratti di luppolo  dove le molecole fotosensibili hanno già subito un intervento di isomerizzazione. . Conservazione della birra artigianale 8 .  

  1. No agli sbalzi termici.

Bisogna fare particolare attenzione al continuo spostamento di eventuali bottiglie da luoghi caldi a luoghi freddi e viceversa; lo sbalzo di temperatura è infatti un’altra causa del deterioramento delle qualità organolettiche della birra.

  1. Scegliere la giusta temperatura.

La temperatura di conservazione è estremamente importante. È molto importante, in questo caso, fare attenzione alle indicazioni riportate dal produttore. Ad esempio per birre ad alta fermentazione, specialmente se ad alto grado alcolico le bottiglie si possono conservaresenza problemi ad una temperatura compresa tra i 10° e i 16°. Questo per la maggior stabilità del prodotto. Le birre a bassa fermentazione, molto più delicate, vanno invece conservate mantenendo il più possibile la catena del freddo, soprattutto quando non filtrate. Ancora oggi molte persone amano bere la birra “ghiacciata”. Questo è uno dei modi peggiori in assoluto per poter degustare la birra, in quanto porta una grossa serie di svantaggi a livello organolettico, in primis legati al comportamento dell’anidride carbonica nel liquido a quelle temperature.

  1. Ambiente ideale.

Oltre all’attenzione alla temperatura è necessario scegliere per la conservazione della birra degli ambienti a ridotto grado di umidità e che non presentino odori e profumi forti. . Conservazione della birra artigianale 10 .   5. La giusta posizione delle bottiglie. Un altro accorgimento importante è quello di prestare attenzione alla posizione in cui vengono stoccate le bottiglie. Quando è presente lievito all’interno della bottiglia (cioè in presenza di birra non filtrata), queste vanno posizionate in verticale, mentre se si è in presenza di una birra dove siano avvenuti processi di filtrazione e pastorizzazione è possibile conservarle in orizzontale. In ogni caso bisogna prestare attenzione che il tappo sia perfettamente chiuso e sigillato.   Un’altra differenza fondamentale tra le birre industriali e quelle artigianali consiste nella differenza di shelf-life. Per le birre artigianali, data l’assenza di pastorizzazione è consigliabile procedere al consumoin un lasso di tempo più breve, in quanto dopo tale periodo potrebbero perdere le loro qualità organolettiche. Quanto detto vale in maniera minore per le birre ad alta fermentazione ad elevato grado alcolico o quelle con una robusta luppolatura, le quali presentano periodi di shelf-life leggermente più lunghi. Un’ultima accortezza importante è che, una volta aperti un fusto o una bottiglia, è consigliato consumare il contenuto in breve tempo, per evitare che la birra si ossidi, rovinando qualità gusto del prodotto.

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L’elenco completo dei birrifici artigianali attivi in provincia di Torino, con tutti gli elementi e i riferimenti per il contatto.

BIRRIFICIO ARTIGIANALE ALEGHE

  • Indirizzo: Via de Fernex, 17
  • Località: Coazze
  • CAP: 10050
  • Comune: Coazze (TO)
  • Cellulare: 393-9938105 335-8473271 335-6
  • Email: birra.aleghe@gmail.com
  • Sito Web: www.aleghebirra.com

BIRRIFICIO ARTIGIANALE AMIS

  • Indirizzo: Via Fratelli Remmert, 100
  • Località: Ciriè
  • CAP: 10073
  • Comune: Torino (TO)
  • Cellulare: 320-8186742
  • Email: info@amisbirra.it
  • Sito Web: www.amisbirra.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE BEBA

  • Indirizzo: Viale Italia, 11
  • Località: Villar Perosa
  • CAP: 10069
  • Comune: Villar Perosa (TO)
  • Tel: 0121-315755
  • Fax: 0121-315755
  • Email: staff@birrabeba.it
  • Sito Web: www.birrabeba.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE BEFED

  • Indirizzo: Via Ariosto, 36/bis – Ecomuseo del Freidano
  • Località: Settimo Torinese
  • CAP: 10036
  • Comune: Settimo Torinese (TO)
  • Tel: 011-8015392
  • Email: franchising@befed.it
  • Sito Web: www.befed.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE CASTAGNERO

  • Indirizzo: strada antica di Alpignano n. 26
  • Località: Rosta
  • CAP: 10090
  • Comune: Rosta (TO)
  • Cellulare: 388-4919063 – 329.8618417
  • Email: elmo.commercio@libero.it
  • Sito web: www.birrificiocastagnero.com

BIRRIFICIO ARTIGIANALE PINEROLESE

  • Indirizzo: Corso Torino, 422
  • Località: Pinerolo
  • CAP: 10064
  • Comune: Pinerolo (TO)
  • Tel: 0121-40327
  • Cellulare: 347-4753943
  • Fax: 0121-212181
  • Email: info@birrificiopinerolese.it
  • Sito Web: www.birrificiopinerolese.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE BLACK BARRELS

Beershop e produzione propria birre maturate in legno,ad alta,bassa e fermentazione spontanea.

  • Indirizzo: Via Principessa Clotilde, 98/e
  • Località: Torino
  • CAP: 10144
  • Comune: Torino (TO)
  • Tel: 011 5823028
  • Cellulare: 3892870838
  • Email: blackbarrels69@gmail.com
  • Peculiarità: Luppolo Km0

BIRRIFICIO ARTIGIANALE BRASSERIA ALPINA

  • Indirizzo: Via Vittorio Veneto, 44
  • Località: San Germano Chisone
  • CAP: 10065
  • Comune: San Germano Chisone (TO)
  • Tel: 0121-034602
  • Email: info@brasseriaalpina.com
  • Sito Web: www.birraboheme.com

BIRRIFICIO ARTIGIANALE CHEVALIER

  • Indirizzo: Strada Fornacino, 133
  • Località: Leini
  • CAP: 10040
  • Comune: Torino (TO)
  • Tel: 011-9969640
  • Email: info@birrificiochevalier.it
  • Sito Web: www.birrificiochevalier.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE GILAC

  • Indirizzo: Via Lanzo, 46
  • Località: Val della Torre
  • CAP: 10040
  • Comune: Val della Torre (TO)
  • Cellulare: 347-8885893
  • Email: info@gilac.it
  • Sito Web: www.gilac.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE GRADO PLATO

  • Indirizzo: Viale Fasano, 36/bis
  • Località: Chieri
  • CAP: 10023
  • Comune: Chieri (TO)
  • Tel: 011-9473236
  • Email: info@gradoplato.it
  • Sito Web: www.gradoplato.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE GRADO PLATO

  • Indirizzo: Viale Fasano, 36/bis
  • Località: Chieri
  • CAP: 10023
  • Comune: Chieri (TO)
  • Tel: 011-9473236
  • Email: info@gradoplato.it
  • Sito Web: www.gradoplato.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE HNT

  • Indirizzo: Via Castellero, 6/a
  • Località: Carmagnola
  • CAP: 10022
  • Comune: Carmagnola (TO)
  • Email: info@haveanicetrip.it
  • Sito Web: www.haveanicetrip.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE LA VECCHIA IVREA

  • Indirizzo: Corso Vercelli, 141
  • Località: Ivrea
  • CAP: 10015
  • Comune: Ivrea (TO)
  • Tel: 0125-616376
  • Cellulare: 345-3039924
  • Email: info@lavecchiaivrea.it
  • Sito Web: www.lavecchiaivrea.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE LOVERBEER

  • Indirizzo: Strada Pellinciona, 7
  • Località: Marentino
  • CAP: 10020
  • Comune: Marentino (TO)
  • Cellulare: 347 3636680
  • Fax: 011-9435339
  • Email: info@loverbeer.it
  • Sito Web: www.loverbeer.com

BIRRIFICIO ARTIGIANALE LUNGO SORSO

  • Indirizzo: Via Ponte Masino, 14
  • Località: Nole
  • CAP: 10076
  • Comune: Nole (TO)
  • Tel: 011-9221809
  • Cellulare: 339-4248608
  • Fax: 011-9221809
  • Email: info@lungosorso.it
  • Sito Web: www.lungosorso.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE PARSIFAL

  • Indirizzo: Via Chivasso, 43
  • Località: San Raffaele Cimena
  • CAP: 10090
  • Comune: San Raffaele Cimena (TO)
  • Tel: 011-9601814
  • Fax: 011-9123354
  • Email: info@birrificioparsifal.it
  • Sito Web: www.birrificioparsifal.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE RABEL

  • Indirizzo: Via Ganio Vecchiolino Secondo, 3
  • Località: Montalto Dora
  • CAP: 10016
  • Comune: Montalto Dora (TO)
  • Email: info@birrificiorabel.it
  • Sito Web: www.birrificiorabel.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE SAN MICHELE

Birrificio artigianale SAN MICHELE

  • Indirizzo: Via Terzo Reggimento Alpini 10/A
  • Località: – SANT’AMBROGIO DI TORINO (TO)
  • CAP: 10057
  • Tel: 011 19815118
  • Cell:  335 6797252
  • Sito: www.birrasanmichele.it
  • Facebook: http://it-it.facebook.com/pages/Birra-San-Michele/499014100137651
  • Email: info@birrasm.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE SAN PAOLO

  • Indirizzo: Via Airasca 11/D
  • Località: Torino
  • CAP: 10141
  • Comune: Torino (TO)
  • Tel: 011-3721443
  • Cellulare: 328-7099951
  • Email: info@birrificiosanpaolo.it
  • Sito Web: www.birrificiosanpaolo.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE SORA’LAMA’

  • Indirizzo: Via Nazionale, 10/c SS.25 Km 32,5
  • Località: Vaie
  • CAP: 10050
  • Comune: Vaie (TO)
  • Tel: 011-9631977
  • Fax: 011-9631977
  • Email: info@soralama.it
  • Sito Web: www.soralama.it

BIRRIFICIO ARTIGIANALE TORINO

  • Indirizzo: Via Parma, 30
  • Località: Torino
  • CAP: 10152
  • Comune: Torino (TO)
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birra-boccali La birra è una delle più antiche bevande prodotte dall’uomo, risalente almeno al V millennio a.C. di cui rimane traccia su fonti scritte dell’Antico Egitto e della Mesopotamia.

Etimologia

La parola italiana birra deriva dal tedesco Bier, un prestito del XVI secolo. Il termine ha rimpiazzato l’antico cervogia, che indicava le birre fatte senza luppolo. Dalla stessa parola tedesca deriva il francese bière. Sono imparentati con Bier l’inglese beer e il neerlandese bier. L’origine della stessa parola germanica (dall’antico alto tedesco bior) è incerta: si pensa che sia un prestito del VI secolo dal latino volgare biber “bibita, bevanda”, dal verbo latino bibere, oppure derivi direttamente dal protogermanico *beuwoz-, da *beuwo- “orzo”. In inglese si usa, oltre a beer, un altro termine per indicare la birra: ale. Antiche fonti inglesi fanno distinzione tra le due parole, ma non definiscono cosa si intenda per “birra” durante quel periodo, nonostante sia possibile che si riferisca all’idromele (mead). La forma dell’antico inglese beor è scomparsa subito dopo la conquista normanna dell’Inghilterra (in risposta all’introduzione del luppolo che non sarà ampiamente utilizzato per altri duecento anni), e il termine è rientrato a far parte della lingua inglese solamente secoli dopo, riferendosi esclusivamente alle bevande di malto con luppolo. Fino a quel momento il termine ale si riferì specificamente a birre senza luppolo, nonostante questa non sia più la definizione attuale della parola (indica infatti le birre ad alta fermentazione). Si ritiene che alederivi direttamente dalla radice indoeuropea *alu-, e sia arrivata alla forma attuale attraverso il termine germanico *aluþ- . La stessa radice è all’origine dello svedese öl e del danese e norvegese øl; da queste è stata prestata alle lingue baltiche (lettone e lituano alus e a quelle baltofinniche (finlandese olut ed estone õlu). Nei vari dialetti dello spagnolo e del portoghese la bevanda viene chiamata cervezacerveja o con un termine analogo a questa forma, che deriva dal latino cervēsia o cer(e)vīsia così come il francese cervoise “birra senza luppolo”, da cui cervogia. La forma latina è un probabile relitto mediterraneo preindoeuropeo come cerea o caelia, bevanda fermentata usata nella Spagna romana. Il termine proto-slavo *pivo, letteralmente “bevanda”, è la parola per definire la birra nella gran parte delle lingue slave, con piccole variazioni fonetiche presenti tra lingua e lingua. In greco antico – la bevanda non era tradizionale in Grecia – la parola per la birra egiziana era ζῦθος zŷthos (forse da ζύμη zýmē, “lievito”), per quella frigia o trace βρῦτον brŷton oggi si usa un prestito dall’italiano: μπίρα bíra.

Le prime birre

Storia della Birra 14

Tutankhamun Ale. Una replica autentica della birra bevuta nell’antico Egitto, preparata con il farro dalla birreria Courage nel 1996

Poiché quasi tutti i cereali che contengono certi zuccheri possono andare incontro ad una fermentazione spontanea dovuta a lieviti selvaggi presenti nell’aria, è possibile che bevande simili alla birra siano state sviluppate indipendentemente in tutto il mondo poco dopo che una tribù o una cultura presero dimestichezza con i cereali. Test chimici condotti su brocche antiche in ceramica hanno rivelato che la birra è stata prodotta per la prima volta circa 7.000 anni fa sul territorio dell’attuale Iran, e che ciò è stata una delle prime opere note di ingegneria biologica in cui è stato impiegato il processo della fermentazione. Si pensa che in Mesopotamia la traccia più antica di birra sia una tavoletta sumera di 6.000 anni fa che ritrae persone intente a bere una bevanda con cannucce di paglia da un recipiente comune. Una poesia sumera risalente a 3900 anni fa che onora Ninkasi, la divinità patrona della produzione della birra, contiene la più antica ricetta esistente di birra, descrivendo la produzione di birra a partire dall’orzo per mezzo del pane.

«Ninkasi, tu sei colei che cuoce il bappir nel grande forno,Che mette in ordine le pile di cereali sbucciati,Tu sei colei che bagna il malto posto sul terreno…Tu sei colei che tiene con le due mani il grande dolce mosto di malto…Ninkasi, tu sei colei che versa la birra filtrata del tino di raccolta,È [come] l’avanzata impetuosa del Tigri e dell’Eufrate»
(Inno a Ninkasi)

La birra viene citata inoltre nell’Epopea di Gilgamesh, in cui viene servita da bere della birra al selvaggio Enkidu. La birra divenne fondamentale per tutte le civiltà classiche dell’antico occidente che coltivavano cereali, compreso l’Egitto, a tal punto che nel 1868 James Death ha proposto la teoria nel suo libro The Beer of the Bible secondo cui la manna dal cielo che Dio ha dato agli Ebrei era una birra a base di pane, simile al porridge, chiamata wusa. L’antropologo moderno Alan Eames sostiene che la “birra è stata la forza trainante che ha spinto gruppi nomadi ad una vita sedentaria… È stato questo forte desiderio di avere materiale per produrre birra che ha portato alla coltivazione, ad insediamenti permanenti e all’agricoltura”. Le conoscenze sulla birra vennero tramandate ai Greci: al riguardo Platone avrebbe scritto che “Deve essere stato un uomo saggio a inventare la birra.” Il 26 novembre 1995 è stato ritrovato, in una necropoli della cultura di Golasecca presso Pombia (NO), un bicchiere d’impasto databile intorno al 560 a.C., collocato ritualmente sopra le ceneri nell’urna, con resti di una probabile birra rossa di gradazione medio-alta. Le particolari condizioni di conservazione della tomba hanno consentito per la prima volta, attraverso le analisi condotte sul residuo anidro conservato nel bicchiere collocato nell’urna cineraria, di individuare con buona probabilità la natura di una bevanda presente come offerta funeraria all’interno di una tomba golasecchiana. L’identificazione della sostanza come birra con luppolo comporterebbe la retrodatazione della birra moderna all’età del ferro ad opera delle popolazioni Liguri.La birra ebbe un’importanza notevole per i primi Romani, ma durante il periodo repubblicano il vino divenne la bevanda alcolica d’elezione; la birra cominciò ad essere considerata una bevanda adatta solamente ai barbari; Tacito scrisse della birra prodotta dallepopolazioni germaniche del tempo con toni dispregiativi. Anche i Traci sono noti per aver consumato birra (brŷton o brŷtos, secondo fonti greche) fatta a partire dalla segale, sin dal V secolo a.C., come scrive Ellanico di Lesbo nelle sue opere.

Europa medievale

La birra è stata una delle bibite più diffuse durante il Medioevo: essa veniva consumata giornalmente da tutte le classi sociali nei paesi del nord e dell’est Europa dove la coltivazione della vite era difficoltosa o impossibile. Nel sud Europa, dove invece il vino era la bevanda più diffusa, la birra veniva consumata principalmente dalle classi più basse: ciò accadeva poiché la purezza dell’acqua poteva essere garantita solo di rado, mentre le bevande alcoliche venivano bollite (e quindi pressoché sterilizzate) durante il processo di produzione. Nel nord Europa la birra forniva inoltre una quantità notevole di calorie giornaliere: in Inghilterra e nei Paesi Bassi, il consumo pro-capite era di 275-300 litri (60-66 galloni) all’anno durante il Basso medioevo, periodo in cui la birra veniva servita ad ogni pasto. Sebbene fosse probabilmente una delle bevande più scelte in Europa, la birra veniva etichettata dalla scienza come sostanza poco salubre, principalmente perché gli antichi greci e i medici arabi avevano condotto pochi esperimenti su di essa. Nel 1256 Aldobrandino da Siena descrisse la natura della birra nel modo seguente:

«Comunque con qualsiasi cosa venga prodotta, sia con l’avena, sia con l’orzo o con il frumento, [la birra] fa male alla testa e allo stomaco, causa una cattiva respirazione e rovina i denti, riempie lo stomaco con fumi dannosi, e chiunque la beva insieme al vino diventa ubriaco rapidamente; ma ha la proprietà di facilitare la minzione e rende la pelle bianca e liscia.»
(Aldobrandino da Siena)

L’impiego del luppolo nella birra è stato descritto nell’822 da un abate carolingio; ancora, nel 1067 la badessa Ildegarda di Bingen scriveva:

«Se qualcuno intende fare della birra con l’avena, viene preparata con il luppolo.»
(Ildegarda di Bingen)

La pratica dell’aromatizzazione con il luppolo era nota almeno dal IX secolo, ma fu adottata solo gradualmente a causa di problemi nello stabilire la giusta proporzione dei vari ingredienti. Prima del luppolo veniva utilizzata la gruit, una miscela di varie spezie, che però non aveva le stesse proprietà conservanti del primo: la birra aromatizzata senza luppolo, infatti, veniva bevuta subito dopo la preparazione e non poteva essere esportata; l’unica alternativa era aumentare il contenuto di alcol, ma ciò risultava piuttosto costoso. La birra luppolata fu perfezionata nei comuni della Germania a partire dal XIII secolo: come risultato, poiché questa birra risultò più duratura, si cominciò ad esportarla su vasta scala, anche grazie all’impiego di botti di dimensioni standardizzate. I comuni tedeschi introdussero inoltre una nuova scala di gestione ed un livello di professionalità mai raggiunti prima. In precedenza la birra veniva prodotta da uno o due uomini, durante questo periodo invece la produzione venne gestita da otto-dieci persone: questo modello si diffuse nella Contea d’Olanda nel XIV secolo e in seguito nella Contea delle Fiandre, nel Ducato di Brabante e raggiunse l’Inghilterra alla fine del XV secolo.[16] Nel XIV secolo in Inghilterra furono introdotte delle leggi per imporre l’uso del luppolo, ed in seguito furono introdotte leggi simili in altri paesi. In Inghilterra queste leggi portarono a sollevazioni di contadini: questi sostenevano che il luppolo rovinasse il sapore della birra. Le rivolte furono comunque represse brutalmente.

La birra nella cultura norrena

La birra, fra le genti del Nord Europa, era considerata una bevanda sacra per i guerrieri: come ogni liquido fermentato, essa ha subito un processo di purificazione e può trasmettere all’uomo le energie della terra nella loro totalità. Nell’Hávamál, all’inizio del racconto, vi è una vera e propria dissertazione sui metodi dell’ospite e ci sono alcuni versi dedicati alla birra:

(NON)«[…] vegnest verra vegra hann velli at en sé ofdrykkja öls.Era svá gott, sem gott kveða öl alda sonom; þvíat færa veit er fleira drekkr, síns til geðs gumi.Óminnis hegri heitir sá er yfir ölðrom þrumir, hann stelr geði guma; þess fugls fjöðrom ek fjötraðr vark í garði Gunnlaðar. Ölr ek varð, varð ofrölvi, at ins fróða Fjalars; því er ölðr bazt, at aptr uf heimtir hverr sit geð gumi.» (IT)«Provvista peggiore non ci si porta per campi del bere smodato di birra.Non è così buona come buona dicono la birra per i figli degli uomini. Poiché poco controllo ha l’uomo che troppo beve del suo intelletto.«Airone dell’oblio» è chiamato chi indugia in birreria; rapisce la ragione all’uomo. Dalle penne di quell’uccello io stesso venni incatenato nella fortezza di Gunnlöð. Ebbro io divenni ebbro senza misura, accanto al saggio Fjalarr. Ché la birra è ottima, a patto che mantenga il suo intelletto, l’uomo.»
(Edda poetica – Hávamál – Il discorso di Hárr XI – Traduzione di Dario Giansanti)

La birra, per le sue capacità è considerata un dono prezioso, come si evince da questi versi del Sigrdrífumál:

(NON)«Bjór færi ek þér, brynþings apaldr, magni blandinn ok megintíri; fullr er hann ljóða ok líknstafa, góðra galdra ok gamanrúna.» (IT)«Ti porgo la birra, o melo dell’assemblea delle corazze, mescolata con forza e grande fama, colma di canti e di rune salutari, di buoni incantesimi e rune di gioia.»
(Edda poetica – Sigrdrífumál – Traduzione di Gianna Chiesa Isnardi)

Europa all’inizio dell’età moderna

Storia della Birra 16

Un birrificio del XVI secolo

In Europa, la birra rimase un’attività casalinga durante tutto il Medioevo. La fabbrica di birra più antica ancora attiva è il birrificio Weihenstephaner in Baviera gestito da un’abbazia, che ottenne i diritti per produrre birra dalla città limitrofa di Frisinga. A partire dal XIV e XV secolo, la produzione di birra passò gradualmente dall’essere un’attività familiare ad essere un’attività artigianale: i pub e i monasteri cominciarono a produrla in proprio per un consumo di massa. Nell’Inghilterra del XV secolo, una birra senza luppolo era nota come ale, mentre l’uso di questo trasformava la bevanda in birra. La birra con il luppolo venne importata in Inghilterra dai Paesi Bassi fin dal 1400 a Winchester, e il luppolo stesso cominciò ad essere piantato sull’isola a partire dal 1428. La popolarità del luppolo all’inizio era incerta, la Brewers Company of London arrivò a dichiarare “no hops, herbs, or other like thing be put into any ale or liquore wherof ale shall be made — but only liquor (water), malt, and yeast.” (“né luppolo, né erba né altra sostanza deve essere messa nella ale o nella bevanda alcolica in cui deve essere preparata la ale; ma solo acqua, malto e lievito”). Tuttavia, a partire dal XVI secolo, il termine “ale” cominciò a riferirsi a qualsiasi birra forte, e tutte le ale e le birre vennero luppolate. Nel 1516, Guglielmo IV, Duca di Baviera, approvò la Reinheitsgebot (“requisito di purezza“, in tedesco), forse la più antica regolamentazione in uso fino al XX secolo. La Gebot prescriveva che gli ingredienti della birra fossero ristretti ad acqua, orzo e luppolo, con l’aggiunta del lievito dopo la sua scoperta da parte di Louis Pasteur nel 1857. La legge bavarese fu applicata in tutta la Germania subito dopo l’unificazione tedesca nell’Impero tedesco ad opera di Otto von Bismarck nel 1871, e da allora è stata aggiornata per riflettere le tendenze moderne nella produzione della birra. Ad oggi, la Gebot viene considerata un segno di purezza per le birre, sebbene ciò sia dibattuto. La maggior parte delle birre fino a tempi relativamente recenti erano quelle oggi chiamate ale. Le lager furono prodotte per caso nel XVI secolo dopo che la birra venne conservata in grotte fresche per lunghi periodi di tempo; da allora hanno ampiamente distanziato le ale in termini di volume prodotto.

Asia

Sono state ritrovate tracce preistoriche che mostrano che la produzione di birra è iniziata intorno al 5.400 a.C. ad opera dei Sumeri (che erano insediati nell’Iraq del sud). Alcune recenti scoperte archeologiche mostrano anche che i paesani cinesi producevano bevande alcoliche già dal 7.000 a.C. Comunque, questi sforzi preistorici per produrre la birra erano su piccola scala (se non individuale) non certo su scala dell’odierna industria birraia. La prima birreria asiatica venne registrata nel 1855 (sebbene fosse stata fondata precedentemente) da Edward Dyer a Kasauli nelle Montagne Himalayane in India, sotto il nome di Dyer Breweries. L’azienda esiste ancora ed è chiamata Mohan Meakin Brewery, ed oggi comprende un grande gruppo di imprese.

La Rivoluzione Industriale

Storia della Birra 18

La Caledonian Brewery, fondata nel 1869, ad Edimburgo, Scozia

A seguito di importanti miglioramenti nell’efficienza del motore a vapore nel 1765, l’industrializzazione della birra divenne realtà. Ulteriori innovazioni nel processo di produzione della birra si ebbero con l’introduzione del termometronel 1760 e del densimetro nel 1770, strumenti che permisero ai birrai di aumentare l’efficienza. Prima della fine del XVIII secolo, il malto veniva essiccato principalmente su fiamme provenienti dal legno, dalla carbonella o dalla paglia, e dopo il 1600 dal carbone coke. In generale, nessuno di questi malti era abbastanza protetto dal fumo provocato dal processo di essiccamento, e di conseguenza le prime birre avevano un retrogusto “fumoso” nel loro sapore; le prove indicano che i venditori di malto e i produttori di birra cercarono costantemente di minimizzare la fumosità delle birre prodotte. Scrittori dell’epoca descrivono il sapore caratteristico derivato da malti essiccati con legna e il disgusto quasi universale che questo causava. Le birre e le ale fumose del West Country erano famose per essere imbevibili ad eccezione che per la gente del posto e per i disperati:

(EN)«In most parts of the West, their malt is so stenched with the Smoak of the Wood, with which ‘tis dryed, that no Stranger can endure it, though the inhabitants, who are familiarized to it, can swallow it as the Hollanders do their thick Black Beer Brewed with Buck Wheat.» (IT)«Nella maggior parte dell’Ovest, il loro malto è così puzzolente di Fumo di Legno, con cui questo viene essiccato, che nessuno Straniero può sopportarlo, sebbene gli abitanti, che hanno familiarità con questo, possono mandarlo giù poiché gli Olandesi producono la loro densa Birra Nera con il Grano Saraceno.»
(“Directions for Brewing Malt Liquors” (1700))
Storia della Birra 20

Un densimetro, usato per misurare la gravità specifica dei liquidi

Il malto essiccato con legna aveva un sapore orribile, ma alcuni birrai di Londra una volta lo usavano perché era economico e dopo averlo fatto invecchiare in una birra molto luppolata il suo sapore “fumoso” si notava a malapena. Tuttavia il malto brown essiccato con paglia preferito a Londra era il meno ricercato: questa è la ragione principale per cui veniva valutato più della varietà essiccata a legna. In un libro del 1830 circa , c’è un capitolo su cosa può andare male durante il maltaggio. Il malto fumoso veniva considerato un serio errore:

(EN)«The third error consists in the drying of malt. They are apt to be tainted by the smoke, through the carelessness, covetousness, or unskilfulness of the maker. Every care ought to be taken to guard against this accident as one of the most prejudicial that can befall malt drinks.» (IT)«Il terzo errore si ha durante l’essiccamento del malto. Questo è soggetto ad essere contaminato dal fumo, a causa dell’incuria, dell’avidità o dell’incapacità del fabbricante. Deve essere presa ogni precauzione per evitare questo incidente, che è uno dei più pregiudizievoli che può accadere alle bevande maltate»
(“Town and Country Brewery Book”)

Il densimetro trasformò il modo di produrre la birra: prima della sua introduzione le birre erano fabbricate da un malto singolo: braunbier da malto tostato (brown), birre amber da malto amber, pale beer da malto pale. Con l’utilizzo del densimetro i birrai poterono calcolare la produzione a partire da malti differenti e osservarono che il malto pale, sebbene fosse più costoso, forniva più materiale fermentabile rispetto a malti più economici: ad esempio il malto brown (usato per la birra Porter) fruttava 54 libbre (circa 24,5 kg) di estratto ogni quarto, mentre il malto pale forniva 80 libbre (circa 36 kg). Una volta venuti a conoscenza di ciò i produttori di birra cominciarono ad usare prevalentemente malto pale per tutte le birre con l’aggiunta di piccole quantità di malto molto colorato per raggiungere il colore corretto per le birre più scure. L’invenzione del tostacaffè nel 1817 ad opera di Daniel Wheeler permise la creazione di malti molto scuri e tostati, contribuendo al sapore delle birre porter e stout: il suo sviluppo venne stimolato da una legge britannica del 1816 che proibiva l’uso per la birra di qualsiasi ingrediente che non fosse malto e luppolo. I fabbricanti di porter, utilizzando un malto macinato prevalentemente pale ebbero urgente bisogno di un colorante legale: il malto prodotto dalla macchina di Wheeler fu la soluzione. La scoperta di Louis Pasteur del ruolo del lievito nella fermentazione nel 1857 fornì ai produttori di birra metodi per prevenire l’inacidimento della birra ad opera di sgraditi microrganismi.

La birra nei tempi moderni

Storia della Birra 22

Imbottigliamento di birra in un impianto moderno, 1945, Australia

Nel XIX secolo, fra le prime produzioni di birra in Italia si ricordano: la Wührer di Brescia, la Pasqui di Forlì, la Peroni di Vigevano, poi di Roma; la Moretti di Udine. Negli Stati Uniti, prima del proibizionismo esistevano migliaia di fabbriche di birra, la gran parte delle quali produceva birre forti, di stampo europeo. A partire dal 1920, molte di queste fabbriche fallirono, anche se alcune avevano cominciato a produrre bevande analcoliche o ad intraprendere altre attività. Le birre di contrabbando vennero spesso annacquate per aumentare i profitti, dando così inizio al trend, ancora oggi in atto, che vuole che gli Statunitensi preferiscano le birre più leggere. In seguito il consolidamento delle fabbriche di birra e l’applicazione di alcuni standard per il controllo di qualità industriale condussero alla produzione e alla distribuzione di massa di imponenti quantità di lager leggere. Le fabbriche di birra più piccole, comprese le microbirrerie, i produttori artigianali e gli import, servirono il segmento del mercato americano a cui piaceva le birre più pesanti. In molte nazioni i birrifici che iniziarono la propria attività su scala domestica guidate da immigrati tedeschi, o in genere europei, si trasformarono in grandi compagnie, passando spesso di mano con più attenzione ai profitti che alle tradizioni di qualità, dando così luogo ad una degradazione del prodotto finale. Ad ogni modo spesso queste compagnie hanno provato a continuare sul solco delle tradizioni di eccellenza mentre crescevano enormemente. Nel 1953 il neozelandese Morton W. Coutts sviluppò la tecnica della fermentazione continua. Coutts brevettò il suo processo che prevedeva che la birra scorresse in taniche sigillate, fermentando sotto pressione, e non venendo mai a contatto con l’atmosfera, anche quando veniva imbottigliata: questo procedimento viene usato dalla Guinness. Oggi l’industria birraria è un business di proporzioni globali, composto da alcune industrie multinazionali e da molte migliaia di produttori più piccoli che vanno dai brewpub ai birrifici regionali. I progressi nella refrigerazione, nella spedizione internazionale e transcontinentale, nella distribuzione e nel commercio hanno dato vita ad un mercato internazionale in cui il consumatore può scegliere letteralmente tra centinaia di vari tipi di birra locale, regionale, nazionale ed estera.

Mitologia

Storia della Birra 24

Gambrinus – re della birra

  • Il poema epico finlandese Kalevala, raccolto in forma scritta nel XIX secolo ma basato su tradizioni orali di molti secoli addietro, dedica più righe all’origine e alla produzione di birra che all’origine dell’umanità.
  • La canzone da pub britannica “Beer, Beer, Beer” attribuisce l’invenzione della birra al fantomatico Charlie Mopps, ma la storia ci racconta che solo molto avanti nella storia britannica della birra, questa conteneva luppolo:
(ENA long time ago, way back in history

When all there was to drink was nothin’ but cups of tea,
Along came a man by the name of Charlie Mopps
And he invented the wonderful drink, and he made it out of hops.
»
(ITMolto tempo fa, indietro nella storia

Quando tutto quello che c’era da bere erano solo tazze di tè,
Arrivò un uomo chiamato Charlie Mopps
Ed egli inventò la meravigliosa bevanda, e la fece con il luppolo.
»
(Estratto di testo da “Beer, Beer, Beer”)
  • Al mitico re fiammingo Gambrinus (da Jan Primus), talvolta viene attribuita l’invenzione della birra.
  • Secondo una leggenda ceca, il dio Radigost, dio dell’ospitalità, inventò la birra.
  • Ninkasi era la dea padrona della produzione della birra al tempo degli antichi Sumeri.

Antropologia

In alcune parti dell’Africa la preparazione e il consumo collettivo di birra sono importanti fattori di coesione sociale; per esempio i Nande del Congo la considerano il ritorno degli avi sotto forma di cibo; tra i Kaguru della Tanzania la birra assume un’importanza pari alla danza nei riti di passaggio.

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La birra artigianale è una birra prodotta da un birrificio di piccole dimensioni. La dimensione riguarda il volume produttivo esiguo e che pertanto è tipico di un’impresa artigiana, contrapposta ad aziende che realizzano birra su scala industriale. Birra artigianale e microbirrificio sono termini distinti ma contigui[1].

Produzione

Il prodotto non è pastorizzato e generalmente non filtrato. La birra viene prodotta principalmente con il malto d’orzo e/o con il malto di frumento (e in alcuni casi anche con altri cereali maltati), elementi base, ai quali vengono aggiunti luppolo, lievito ed acqua. A questo punto la birra è pronta per essere bevuta ma ha una durata limitata nel tempo. Per aumentarne la conservazione, nella produzione industriale, il prodotto viene sottoposto ad alcuni trattamenti come la pastorizzazione ed il filtraggio. Vengono così inattivati i microrganismi contenuti nel lievito e filtrata la bevanda, aggiungendo poi degli additivi conservanti e stabilizzanti. Dopo questo trattamento il prodotto può essere movimentato e stoccato senza alcun problema. Le birre prodotte con tecniche industriali, pertanto, si differenziano sostanzialmente da quelle artigianali ad un esame organolettico. La presenza di lieviti attivi, inoltre, rende queste ultime un alimento vivo che si evolve nel tempo. Se il tipo di birra lo consente, è possibile un invecchiamento in cantina anche per alcuni anni. Il fenomeno dei birrifici artigianali, rinasce negli Stati Uniti ed è una riscoperta che avviene a partire dagli anni ottanta, la cosiddetta “Renaissance Americana”, dove molti immigrati europei, riescono a mantenere in vita alcuni vecchi prodotti europei che altrimenti sarebbero andati perduti. Anche in Europa ed in Italia si sta affermando questo fenomeno che si ripromette di proporre prodotti artigianali di elevata qualità.

In Italia

La produzione di un microbirrificio è limitata (in genere si pone il limite a 5 000 hl annui, più di recente a 10 000 hl). A partire dal 2016 la legge definisce come “birra artigianale” quella prodotta da birrifici indipendenti (legalmente ed economicamente) che utilizzi impianti di produzione propri e non produca oltre 200 000 ettolitri di birra all’anno; inoltre la birra non può essere sottoposta a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. I produttori di birra artigianale si possono dividere in tre categorie:

  • microbirrifici, che in genere non dispongono di un locale di mescita e la cui produzione è in tutto o in gran parte destinata alla vendita a locali e negozi;
  • brewpub ovvero locali che producono birra per il consumo interno, spesso abbinato ad attività di ristorazione.
  • beer firm ovvero impianti preesistenti che vengono affittati a privati, i quali possono quindi produrre birra artigianalmente ma in quantità non raggiungibili con un normale impianto casalingo.

Il numero di microbirrifici è in continuo aumento, si stima che nel 2007 fossero operativi almeno 175 microbirrifici; nel 2010 hanno superato le 300 unità arrivando a coprire circa l’1% della produzione di birra italiana, mentre nel 2014 hanno quasi raggiunto le 1000 unità arrivando a coprire circa il 3% della produzione di birra italiana. Il trend di crescita non accenna a diminuire. L’anno di inizio di questo fenomeno (a parte alcuni tentativi pionieristici, ad esempio a Sorrento e sul Lago di Garda) è il 1996, quando contemporaneamente, ma senza alcun collegamento fra loro, aprono diversi birrifici. Dal 2005 vengono pubblicati una serie di libri volti a una catalogazione per il crescente fenomeno.

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La produzione dei microbirrifici italiani nel complesso presenta una varietà notevolissima con birre ispirate ai più diversi stili internazionali. Frequente è anche la creazione di birre comprendenti ingredienti inusuali sia come materia fermentabile che come aromatizzazioni, spesso integrando produzioni locali (ad esempio farro, frutta DOP e IGP). Esempio significativo l’uso delle castagne, utilizzate in un numero di birre che non trova riscontri in altre nazioni produttrici, tanto da diventare quasi un simbolo della birra artigianale italiana.[9]In forte crescita anche le contaminazioni con il vino, utilizzando sia botti di legno di secondo passaggio, che mosto d’uva con i suoi lieviti autoctoni. L’uso di produzioni locali in certi casi è esteso anche agli ingredienti tradizionali, con uso di malto ottenuto da cereali locali, maltazione effettuata in proprio e esperimenti con la coltivazione del luppolo. Una grande diffusione sta ottenendo anche il mais, spesso utilizzato dall’industria per contenere i costi, ma che in ambito artigianale diventa una materia prima di alto pregio utilizzando varietà antiche come lo “sponcio”, il “pignoletto” o il “marano”. Da qualche anno diversi microbirrifici italiani hanno cominciato un’attività di esportazione dei loro prodotti, principalmente sul mercato USA, anche se il mercato europeo si sta dimostrando molto interessante e attento ai prodotti italiani. Alcune delle produzioni artigianali italiane hanno ricevuto un ottimo apprezzamento da parte degli appassionati di birra americani e non, come documentato dai più importanti siti di rating. La continua crescita del fenomeno ha portato ad analisi anche economiche come quella riportata da fermento Birra a cura di Lelio Bottero o la ricerca congiunta UnionBirrai-Altis che, per la prima volta analizza in modo statistico microbirrifici e brewpub.

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